Il termine masca, nella tradizione popolare piemontese, sta a indicare al contempo una strega, dotata di incredibili poteri, e un fantasma, uno spiritello agreste che si aggira tra i pioppeti tirando brutti scherzi agli sfortunati viandanti.
Quando bizzarre figure itineranti, i contastorie, girovagavano di cascina in cascina riportando le curiose leggende che popolavano la campagna piemontese in cambio di vitto e alloggio, sentir parlare delle masche era cosa di tutti i giorni. I bambini le temevano e i vecchi sussurravano i loro nomi facendosi il segno della croce.
Un’altra epoca, gli inizi del ‘900, un periodo di stenti e fatiche, quando gli uomini si spaccavano la schiena a dissodare la terra e a bonificare le falde limacciose della bassa pianura piemontese; e poi all’imbrunire si tornava in cascina stanchi, per bere un bicchiere di Barbera e mangiare un piatto di minestra di patate. Dopo quel pasto povero ma corroborante ci si radunava nella stalla, scaldata dal respiro umido delle vacche, magari invitando gli abitanti dei casolari limitrofi; e il contastorie di turno, alla debole luce di una lanterna, si lanciava in appassionanti racconti di antiche superstizioni.
Le masche erano il Male, l’ignoto, la spiegazione per eventi inspiegabili come sparizioni di bestiame, malattie incurabili e parti in casa finiti male.
Col trascorrere degli anni e con l’avvento della televisione, i contastorie sono andati lentamente scomparendo, e nelle campagne rimane solo il loro ricordo, simile a uno di quei fantasmi di cui tanto amavano parlare. Ma in alcune zone, dove l’ingerenza della modernità non è ancora esplosa in tutta la sua perturbante potenza, nelle vecchie cascine con le finestre sbarrate e gli aratri arrugginiti lasciati a marcire nell’aia, in piccole borgate arroccate sulle colline o in sperduti paesini affossati nella pianura, qualcuno ancora racconta di queste mitiche figure del folclore contadino, di fantasmi che si agitano tra i filari, di enormi fuochi fatui che inseguono i viaggiatori.
Donato Bosca, nel suo bel libro Andar per Masche, ha cercato di recuperare queste storie da vecchie comari, di ricostruire la trama spezzata di racconti perduti che affondano le radici in un passato che pare ormai perduto. Attraversando le verdi colline delle Langhe e del Roero, terre del vino, delle trifole (i tartufi) e del buon cibo, Bosca ha raccolto testimonianze di prima mano, intervistando gli anziani che abitano quelle splendide zone, simpatici vecchietti che nelle masche ci credevano.
L’autore ci propone decine di racconti, soffermandosi sulla capacità delle masche di tramutarsi in animali, di scagliare malefici sul bestiame, di perseguitare chi si perdeva nella campagna, di notte.
Molto interessante il capitolo sul Libro del Comando, un libercolo scritto a mano in italiano, piemontese e latino, un manuale di stregoneria, pozioni e malefici che ogni masca possedeva, e che prima di morire doveva consegnare a qualcuno, insieme ai poteri, pena un’eternità di orribili sofferenze.
Andar per Masche è un libro che ci riporta indietro nel tempo, un itinerario nelle superstizioni dei nostri nonni tracciato da Donato Bosca, un appassionante viaggio in un passato da riscoprire, raccontato spesso con ironia e, perché no, un pizzico di nostalgia.
le streghe sono affascinanti in tutta italia... dev'esser il woman power! :)
RispondiEliminaConcordo! Stuzzicato da questo libercolo ho chiesto a zie e zii se ricordavano qualche leggenda sulle masche... mi hanno raccontato cose da pelle d'oca. Tipo la storia di un parto "maledetto" dalle masche; la povera donna mise al mondo una bambina con testa di biscia. Simpatico, no?
RispondiEliminacos'hai contro le biscie!
RispondiEliminarazzista!
scommetto che soprattutto non sopporti le biscie clandestine!
ahahahah
:)
Puauuaua... oddio... queste son le battutacce che mi piacciono!
RispondiEliminaQueste figure soprannaturali legate alle tradizioni popolari riescono ancora oggi a fare paura.
RispondiEliminaMai quanto le batutte di Gelo però.
Ciao!
Val.
Battuta "teribbile"
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