mercoledì 23 settembre 2009

Enea Pajano: emicrania e cosmicismo


Posto qui una breve biografia (tragica) e due poesie di questa artista torinese, inviatemi da una carissima amica di Bologna. Sinceramente, per me, Enea Pajano è un nome del tutto nuovo. Su Internet non si trova nemmeno il più piccolo accenno a questa scrittrice, ma dal poco che posso dedurre da quanto segue direi che merita un approfondimento. Se qualcuno è in possesso di ulteriori info si faccia avanti! Io intanto metto sotto torchio la mia amica...

Larve – Estratto da “Diario dell’Emicrania Perenne” di Enea Pajano


E’ la luce che mi fa male.

Come aghi incandescenti nelle pupille.

Dall’interno.

Quando arriva non c’è fuga,

non c’è medicina.

Solo le meningi che si lacerano e

l’assordante pulsare del sangue nelle arterie.

Il buio della stanza si muove,

screziato di macchie fluorescenti.

E sotto il letto grasse larve biancastre,

si nutrono e si fanno pasciute

della mia sanità mentale.



2:02 di Enea Pajano


Detesto le pubblicità del Mulino Bianco, aborro il non saper essere chi sono. Odio i portatori di verità assolute, il connubio sesso-amore, le mucose, i pioppeti e i lucernari.
Quando il vento fa sbattere le imposte e l’emicrania mi schiaccia le meningi, ho paura. E senza paura non si può tirare avanti; ma i miei timori sono nulla, perché temo tutto e niente.
Le parole sono sempre troppe. I legami sono catene che straziano le carni.
Dio, se ci sei fammi crepare adesso.
Se non ci sei levati dai coglioni.
Stelle putride e paragrafi incompleti.
Un.
Due.
Tre.
La metastatizzazione ha inizio.
Vorrei dar forma ai ricordi d’infanzia, renderli vivi adesso.
Ma ricordo ben poco, e le memorie scivolano via in granuli indisciplinati;
gocce di mercurio su una superficie inclinata, in perenne bilico sul baratro del Vuoto.


Biografia


Enea Pajano nasce nell’ottobre del 1972. Bambina precoce e intelligente, comincia a leggere all’età di quattro anni, divorando numerosi volumi della libreria della madre. A sei inizia a scrivere poesie e brevi racconti. Già da quei primi, timidi abbozzi letterari, è possibile intravedere le cupe immagini visionarie che caratterizzeranno la sua produzione successiva.

Affetta da una grave forma di miopia, Enea è costretta a portare degli occhiali dalle lenti spessissime. Anni dopo, in una nota autobiografica dirà: “Detestavo quegli enormi affari sbilenchi che mi pesavano sul naso. Era come osservare il mondo attraverso due televisori spenti. Divenni lo zimbello della classe, ma la cosa non mi pesava. I bambini sanno essere crudeli, ma io scappavo nei libri.”

Si innamora dei maestri della scapigliatura, di Baudelaire, Borges, Lovecraft (da cui eredita una certa concezione del fantastico e del “cosmico”), Poe, Schopenauer, Wilde, DeQuincey, l’ironia pungente di Ambrose Bierce.

Frequenta il liceo classico Vincenzo Gioberti di Torino, dove si diploma con il massimo dei voti. Gli anni dell’università – facoltà di Lettere e Filosofia – sono gravati dal peso insostenibile di forti emicranie che vanno avanti anche per settimane, costringendola a letto per giornate intere, nel buio della sua stanza. Questi mal di testa dilanianti, che la perseguiteranno per tutta la vita, la costringono ad abbandonare gli studi alla metà del terzo anno di corsi.

La giovane donna si chiude nel suo appartamento torinese e scrive. Quando butta giù i pensieri sembra che il dolore si attenui, che la realtà diventi più accettabile. Esce di rado, pensa in continuazione e a volte scrive per giorni.

La letteratura della Pajano è una discesa allucinante nel pessimismo cosmico, una vertiginosa caduta nel baratro del dolore e della malattia, nel disagio esistenziale dell’uomo, insostenibile perché incomprensibile. Nella visione dell’autrice
il posto occupato dell’essere umano nella vastità dell’universo è quello di una comparsa insignificante che cerca di emergere, di farsi notare invano. Stringere relazioni è inutile, amore, sesso, religione, amicizia, famiglia e riproduzione sono deboli barricate per arginare il pensiero del conclusivo balzo nell’ignoto. Come scrisse nel romanzo Dietro le stelle, Follia, “il Male ci terrà avvinghiati in eterno. Turbiniamo nell’universo come atomi impazziti, avvolti nell’assurdo bozzolo della speranza; e quando sarà la nostra ora non potremmo fare a meno di chiederci: Perché? A cosa è servito questo peregrinare, questo dolore, questo amare e questo soffrire, questo riprodursi e questo morire? La risposta sarà una risacca nera, pece interstellare, che nulla smuove e tutto sospende.”

Con la Pavor Nocturnus, una piccola casa editrice indipendente di Torino, pubblica una raccolta di poesie, Versetti Deliranti, un’antologia di racconti fantastici, Oscuri Anfratti, e tre romanzi, Cronache dal Pianeta di Carne, Dietro le Stelle, Follia e La Città Fagocitata.

Nel 2006, afflitta da crisi di mal di testa sempre più violente, che non accennano a diminuire nemmeno dopo l’assunzione dei più potenti antidolorifici, è ricoverata al Centro Cefalee di Asti. Versa in uno stato di profondo esaurimento fisico e psicologico. E’ qui che scrive il Diario dell’Emicrania Perenne, un lucido resoconto delle sue sofferenze in forma di poesie, brevi racconti e filastrocche.

Gli esami non rivelano niente di anomalo, come spesso avviene per i pazienti afflitti da emicrania, ed Enea è dimessa dal centro un mese dopo il ricovero.

La notte del 15 agosto del 2006 scrive un biglietto per sua madre, sei parole agghiaccianti: Vado a scrutare il Vuoto. Enea.

Poi scende nella cantina del suo vecchio stabile di Torino; tenta di impiccarsi, ma la corda per tapparelle che utilizza come cappio si rompe. Enea prende una bottiglia d’alcool, se la vuota addosso e si dà fuoco. La madre la trova la mattina dopo, ancora viva, con ustioni di secondo e terzo grado sul settanta per cento del corpo. Enea Pajano si spegne dopo un mese di coma nel reparto Grandi Ustionati del CTO.


Rimangono i suoi scritti e i suoi libri, oggi veri pezzi da collezione, opere di una moderna artista maledetta che sondano il lato più oscuro dell’animo umano.



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